mercoledì 27 febbraio 2008

IL PIL COME INDICATORE DEL BENESSERE

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

discorso di Robert Kennedy 18 marzo 1968 - Università del Kansas

giovedì 7 febbraio 2008

IL POLO CHIEDE ELEZIONI, I RADICALI INSORGONO

Berlusconi e Fini: un governo istituzionale per fare la riforma elettorale, poi alle urne.
Il Cavaliere: si può discutere la proposta del Trifoglio
Il Polo chiede elezioni, i radicali insorgono Bonino e Pannella: è un attacco ai referendum.
Segni e Taradash: per difenderli pronti ad astenerci sulla fiducia

ROMA - La legge elettorale torna al centro del campo politico. Ed è scompiglio nella squadra del Polo quando ieri sera Silvio Berlusconi annuncia di condividere la proposta del Trifoglio di adeguare il sistema elettorale delle politiche a quello, di stampo proporzionale, già in vigore per le amministrative. Un sì («su questa proposta tutti dovremmo approfondire la discussione», dice il Cavaliere) che nelle dichiarazioni resta strettamente legato al varo di un governo istituzionale - come il Polo ha chiesto in mattinata al presidente della Repubblica - ma che una parte del centrodestra legge come la disponibilità a discutere con la maggioranza. Durante le consultazioni al Quirinale Berlusconi ha ripercorso le tappe degli ultimi anni di vita parlamentare, chiedendo alla fine di andare a votare presto con un sistema che garantisca stabilità elaborato da un governo istituzionale. Alleanza nazionale condivide, a tal punto che il suo presidente Gianfranco Fini fa sapere di essere pronto a sacrificare il referendum che ha promosso «di fronte alla possibilità di ridare moralità politica, attraverso le elezioni, al Parlamento».
Più scettico il Ccd, che non vede la possibilità di un percorso parlamentare per la legge elettorale. La posizione del Polo viene criticata dai referendari per eccellenza, i radicali. «La richiesta di elezioni anticipate - commenta Marco Pannella - è demagogica, irresponsabile, sfascista». Con lui, Emma Bonino: «L' urgenza per l' Italia è la difesa dei referendum».
E sulla stessa tesi si schierano Mario Segni e Marco Taradash, pronto ad astenersi durante la fiducia al nuovo governo: un voto contrario in meno fa abbassare il quorum, salvando l' esecutivo ma anche la possibilità di svolgere il referendum per l' abrogazione della quota proporzionale. Ma le parole pronunciate da Berlusconi a sostegno della proposta del Trifoglio creano problemi anche nella coalizione di centrodestra, da sempre divisa tra proporzionalisti (la maggioranza di Forza Italia) e fautori del maggioritario.
Se durante la giornata qualcuno in Alleanza nazionale giurava di non essere affetto da malattia referendaria, mentre altri come Maurizio Gasparri spingevano per il referendum «contro i governicchi», in serata il portavoce di An Adolfo Urso rendeva nota la risposta ufficiale del suo partito: quella della triade Sdi-Upr-La Malfa è un' ipotesi inaccettabile perché «non risponde ai quesiti referendari».
In Forza Italia invece c' è chi ritiene che, in un momento in cui la maggioranza usa come collante interno la lotta all' opposizione, la legge elettorale può rappresentare l' unico terreno di lavoro comune. «Oggi c' è un treno che passa una volta sola - afferma Giuliano Urbani, braccio destro del Cavaliere -. Seguendo il tracciato dei sistemi elettorali delle amministrative, in particolare delle regionali, potrebbe accadere il miracolo, forse ».
Intanto però, mentre si apprende che ieri si sarebbero svolti colloqui tra Berlusconi e Umberto Bossi proprio in materia di sistema elettorale, altri azzurri negano la possibilità di fare qualunque riforma con un governo D' Alema che abbia nel suo programma obiettivi come il conflitto di interessi e la par condicio. «Non credo che nella situazione attuale Berlusconi sia disposto a parlare con la maggioranza - commenta Enrico La Loggia, presidente dei senatori di Forza Italia -. Piuttosto, dovremmo prepararci a una opposizione sempre più dura».
Gorodisky Daria - 21 dicembre 1999 - Corriere della Sera

venerdì 1 febbraio 2008

IDEALISMO E POSITIVISMO

Se per rinascita dell'Idealità si vuole intendere il ritorno dello spirito alle vecchie forme religiose (e indizio di tale ritorno si giudica il misticismo che invade alcuni spiriti contemporanei) io non ho che augurare alla nuova generazione quella robustezza di fibra e quella coltura scientifica che sole possono liberarla da si morbosa idealità.
Ma, se per Ideale s'intende quello stato di perfezione a cui tende l'uomo naturalmente, e il cui desiderio, non mai pienamente soddisfatto, ci affatica in perpetuo verso un orizzonte di giustizia, di libertà e di pace, io non capisco davvero lo scoraggiamento di quei generosi intelletti che vedono l'eclissi e temono il tramonto dell'Ideale a' di nostri.
Che ghi Dei se ne vadano, e con essi parecchie di quelle idee che hanno ingombrato il cammino dell'uomo nella sua perpetua ascensione da carne a spirito, è fenomeno logico e naturale di cui ogni animo spregiudicato ha da rallegrarsi.
Ma che il nuovo concetto scientifico della vita nell'universo ci allontani dagli intenti più alti e più nobili dell'esistenza, è opinione che puo essere soltanto scusata in grazia di quell'affetto che lega la mente ed il cuore dell'uomo al passato; giustificata dalla ragione e dai fatti non mai.
Certo, il positivismo non ha risoluto nessuno di quei problemi che travagliano la vita sentimentale dell'umanità; i problemi dell'origine e del fine della vita. I problemi del male, del dolore, della morte rimangono insoluti.
Ma, se le soluzioni che le altre scuole filosofiche ne ban date non hanno appagato finora la mente umana, devesi riconoscere al positivismo il merito di avere rimosso dal campo scientifico i problemi ch'eccedono la nostra ragione e di avere abban donato alle «morgane » della fede ciò che la mente umana non può assolutamente comprendere.
Il positivismo appare fallito soltanto a coloro che chiedono ad esso, e non tutti in buona fede, ciò che nessuna scienza può dare. Le conseguenze di esso, in ogni caso, non possono, nell'ordine morale e politico che agevolare ed affrettare l'emancipazione dello spirito umano da tutti gl'inciampi opposti dalla fede, dal sentimento, dll'autorità.
Che il positivista abbia distrutto troppo? Non credo; parmi anzi che la lentezza del suo cammino e della sua vittoria per la coscienza provenga dal non avere distrutto abbastanza, e dall'avere adottato certi palliativi, che pensatori come lo Spencer e il Darwin non hanno avuto il coraggio di abbandonare.
Che il positivismo sia buono a demolire, non a edificare? Menzogna.
Alla volontà creatrice esso ha sostituito la necessità naturale; al miracolo l'evoluzione; alle rivelazioni soprannaturali la lotta per l'esistenza e l'eredità fisiologica; al privilegio del regno umano le trasformazioni zoologiche ;all'anima immortale l' eternità della forza; all'annullamento delle cose l'eterna circolazione della vita; alla degradazione dell'uomo il continuo perfezionamento della specie umana; alla morale della speranza e della paura, la morale senza obbligazione nè sanzione; alle religioni mutevoli secondo i tempi i luoghi le razze, il sentimento universale dell'Infinito.
Certo, il cozzo delle vecchie e delle nuove idee genera ancora la confusione, lo smarrimento, la vertigine in molti cervelli. Fra il crepuscolo d'un mondo che ruina e il crepuscolo d'un mondo che sorge molti non si raccapezzano, non distinguono il tramonto dall'aurora. Il sentimento religioso si aggrappa disperatamente al passato, s'illude di trovar la vita là dove regna la morte.
Le istituzioni sedicenti inviolabili ed immortali, sentendosi nella colonna vertebrale i brividi della morte, allargano le gambe, pontano i piedi ,strabuzzano gli occhi e si lusingano con la posa terribile d'impaurire la moltitudine: spauracchi di carta pesta, non riescono neppure a spaventare gli uccelli. Si odono qua e là dei vocioni grossi, dei balbettamenti senili; si fanno propositi sconclusionati; si sognano ritorni impossibili; si tentano imprese da manicomio.
I mestieranti, i ciurmadori, i prestigiatori profittano, s'intende, del buon quarto d'ora per alzar banco; gridano e strombazzano i loro specifici; ipnotizzano la folla, truffano applausi e quattrini, scroccano facilmente quella efimera celebrità, schivata e dispregiata dagli animi probi e dagl'intelletti sublimi.
Ma chi può meravigliarsi di questo fenomeno che si ripete a ogni nuovo orientamento del pensiero, una volta almeno, ogni secolo? Il pensatore sorride mestamente ed aspetta.

Mario Rapisardi - 1907